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AMATI, CHIAMATI E INVIATI – Lettera dell’ispettore
- 27 Settembre 2021
- Posted by: Giovanni Cassina
- Category: Oratorio Parrocchia

Carissimi,
questa volta nella lettera mensile ho pensato di rivolgermi non solo ai salesiani ma anche a
tutti coloro che, a diverso titolo e nei modi più svariati, sono presenti a nome di don Bosco nelle
nostre opere salesiane. E allora…
Carissimi confratelli, educatori, insegnanti, personale ausiliario, tecnici, amministrativi,
membri della Famiglia Salesiana, volontari (spero di non dimenticare nessuno!), all’inizio di un
nuovo anno pastorale desidero scrivervi. Ogni giorno vi spendete con generosità sia stando in
prima linea tra i ragazzi sia operando dietro le quinte delle nostre 32 opere salesiane del Nord Est
Italia, Romania e Moldavia. La vostra presenza è preziosa. Io ho sempre avuto bisogno di tutti,
dichiarava spesso don Bosco. Ce lo ha ripetuto all’inizio dell’anno durante alcuni appuntamenti
a cui vari di voi hanno partecipato: la Giornata della Scuola e CFP per gli insegnanti di prima nomina, la
Giornata degli Uffici, il Pellegrinaggio dei Salesiani. Questi incontri sono stati delle belle occasioni, alle
quali si aggiungono i momenti di avvio proposti nelle singole opere, in cui don Bosco ci ha
ribadito ancora una volta: Dio ho bisogno di te per il bene dei giovani.
Il tema pastorale dell’anno è scandito da due parole, Amati e Chiamati. Mi permetto di
affiancarne una terza: Inviati. Sono vocaboli che troviamo in filigrana nel sogno che don Bosco
fece a nove anni quando la Madonna disse a Giovannino: «Renditi umile, forte, robusto». In quel
sogno -che vi invito a rileggere- troviamo sintetizzato il programma di vita del Santo dei giovani.
La parola Amati racchiude un dono, ma anche un compito. Una delle esperienze più belle
che possiamo vivere nella vita è quella di sentirci amati da qualcuno in modo unico, irripetibile,
gratuito. L’inquietudine dell’amore trova pace solo quando uno sguardo amante ti accoglie per
quello che sei. È un desiderio radicato anche nel cuore inquieto di Dio, sempre preoccupato per
il destino dell’uomo. Dio attende noi. È in ricerca di noi. Lui non è tranquillo finché non ci abbia trovato1.
È l’essere cercati che ci fa sentire amati. L’Amore è un’esperienza di bellezza, è un soffio che
pervade tutta l’esistenza. Abita ogni aspetto della nostra storia. Siamo stati creati per amare e per
essere amati ed è per questo che abbiamo il compito di costruire Comunità Educativo Pastorali
in cui tutti possano sentirsi amati. Facciamo i passi necessari affinché questo avvenga davvero.
L’esperienza di essere amati mette in circolo l’amore sprigionando il desiderio di amare a
nostra volta. Gesù ci chiede sempre di fare un passo oltre perché l’amore non è mai abbastanza.
L’amore sana le ferite della vita sia in chi è amato sia in chi si fa amante. Siamo chiamati ad ardere,
ad illuminare l’umanità attingendo all’amore di Dio e a far cogliere a tutti, in particolare ai giovani,
che è proprio l’amore la vocazione di ogni uomo. Vogliamo ardere, sia per esser riscaldati sia per
riscaldare. All’inizio di quest’anno pastorale auguro a tutti di sentirsi amati nella casa salesiana in
cui vi trovate e di dar spazio all’intimo desiderio di essere amanti. In noi, come in don Bosco, c’è
qualcosa, Qualcuno che vuole ardere. Da amati vogliamo divenire amanti. L’alternativa è il
freddo, la desolazione, la solitudine. Ardere è il verbo del cuore. Che cosa ci manca per ardere
davvero? Quali sono, invece, i ceppi che da tempo ardono con forza?
È bello essere Chiamati per nome e scoprire che c’è qualcuno che ha posato lo sguardo su di
noi. Chi ama chiama. È meraviglioso quando la voce che chiama ci invita a qualcosa di grande.
In questo caso la chiamata si fa appello, richiesta, talvolta supplica, grido. Don Bosco fin da
subito si è messo in ascolto dei giovani che erano in carcere e di coloro che vivevano senza casa
e senza genitori. Ha ascoltato il loro grido e ha insegnato a fare altrettanto. Tu lo senti il grido del
mondo? C’è un grido che trapassa la storia e ogni continente… è un vero appello vocazionale!
Ascolta l’urlo del mondo con le orecchie del cuore: è Dio che ti chiama, sono le anime che ti
chiamano.
Tutto questo richiede ascolto, quello che fu di Maria, la quale concepisce ascoltando2. L’ascolto è
il grembo che permette di concepire la risposta e di imparare la temerarietà della disponibilità.
Dobbiamo imparare ad ascoltare, a volte origliare, tutto quello che accade attorno a noi. Tutto
parla. Va innanzitutto ascoltata la Parola di Dio e va ascoltata quella parola che ci giunge
attraverso l’umanità. Va ascoltato il volto e vanno ascoltati gli occhi per percepire gli echi del
cuore e il suono delle parole non dette. Va ascoltato il sospiro così come il silenzio: è una luce,
una feritoia. È l’ascolto che ci permette di cogliere gli appelli facendoci prendere coscienza di
essere chiamati. Si tratta, poi, di ardire la risposta. All’inizio di quest’anno pastorale auguro a tutti
di crescere nell’ascolto per poter udire le tante chiamate che Dio ci rivolge in mille modi e auguro
di rendersi forti per avere il coraggio della risposta.
Da chiamati si diviene Inviati. È la dimensione in cui l’amore si fa zelo, slancio, impeto,
missione, ardore. L’amore non dorme mai e ha un doppio respiro: è contemplazione e azione. Il
Vangelo ce lo ricorda: Gesù ne costituì Dodici perché stessero con lui e per mandarli a predicare (Mc 3,14).
Amare non è solo guardarsi negli occhi o commuoversi per i dolori e il logorio dell’umanità, ma
è anche azione, partenza, decisione di sporcarsi le mani, di compromettersi, di rischiare. L’amore
genera, crea, custodisce, si offre pur di dare la vita. Cristo muore pur di donarsi fino alla fine.
Essere inviati richiede di entrare nelle logiche di un amore inquieto, pronto a partire con un
biglietto di sola andata per approdare lì dove l’amore è ferito. Oggi è tempo di missione ed è tempo di
coraggio! Coraggio di rafforzare i passi vacillanti, di riprendere il gusto dello spendersi per il Vangelo, di
riacquistare fiducia nella forza che la missione porta con sé. È tempo di coraggio, anche se avere coraggio non
significa avere garanzia di successo.3 Essere inviati significa accettare di vivere una vita bella,
dirompente, generativa, capace di andare oltre gli schemi che fan vivere tranquilli, mettendosi in
gioco, giorno dopo giorno. Chi si che si sente mandato vive, respira perché coglie fiducia. Don
Bosco aveva fatto del «Mi dai una mano?» una sorta di giaculatoria perché aveva capito che un
giovane inviato non è semplicemente uno che aiuta, ma uno che si salva. All’inizio di quest’anno
pastorale auguro a tutti di rendersi robusti per vivere da inviati con l’ardore di don Bosco.
Un’ultima cosa. Don Bosco ci ha consegnato lo stile con cui vivere la nostra missione
quando, scrivendo a don Rua, suo primo successore, gli ha affidato questo impegno: Studia di farti
amare. Don Bosco ripeterà a don Rua lo stesso messaggio anche sul letto di morte: fatti amare!4 Se
c’è una raccomandazione che faccio a tutti a inizio anno è proprio questa: abbiate uno stile e un
modo di fare capaci di rendervi amabili. Siate amabili. È l’amabilità la miglior strada per nutrire i
cuori e per vivere con gioia da Amati, Chiamati e Inviati.
Buon anno pastorale a tutti!
don Igino Biffi – Ispettore Triveneto